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Personale ex dipendente dagli Enti Locali

COLPISCE 80 MILA LAVORATORI ATA

Una norma inserita nella legge Finanziaria 2006 dispone:
Il comma 2 dell’articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpreta nel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) statale è inquadrato, nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento, con l’attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito dallo stipendio, dalla retribuzione individuale di anzianità nonché da eventuali indennità, ove spettanti, previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto degli enti locali, vigenti alla data dell’inquadramento. L’eventuale differenza tra l’importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999, come sopra indicato, viene corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini del conseguimento della successiva posizione stipendiale. È fatta salva l’esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge.

La FLC CGIL già in fase di approvazione della Finanziaria aveva chiesto alle forze politiche di bocciare l’emendamento proposto dal Governo in quanto punitivo ancora una volta nei confronti del Personale ATA. Ma la maggioranza parlamentare nel varare la legge ha approvato anche questa disposizione discriminatoria.

Gli interessati sono 80 mila. Lavoratori che nel trasferimento, disposto per legge, si sono visti ridurre la retribuzione mensile. Infatti negli EE.LL. una parte dello stipendio è legato ad indennità non presenti nel contratto Scuola, mentre nel nostro comparto allo stipendio base si aggiunge una somma riferita all’anzianità di servizio.

Questi lavoratori chiedono il riconoscimento dell’anzianità pregressa, mentre l’Amministrazione ritiene che abbiano diritto solo al riconoscimento di una retribuzione corrispondente nei fatti alla sola paga base più una cifra determinata sulla base del cosiddetto maturato economico.

Dopo l’approvazione dell’articolo 1, comma 218, della legge finanziaria 2006, la FLC CGIL si è rivolta ad esperti giuristi anche ai fini dei giudizi ancora in corso dinanzi al giudice ordinario, nei diversi gradi.

Gli esperti interpellati hanno convenuto che la norma presenta evidenti vizi di legittimità costituzionale.

L’articolo 1, comma 218, della legge finanziaria 2006 “interpreta” l’articolo 8, comma 2, della legge n. 124/1999. Oggetto dell’interpretazione è il criterio di riconoscimento dei diritti da utilizzare ai fini dell’inquadramento del personale ATA prima dipendente degli enti locali e trasferito nei ruoli dello Stato.

Risulta evidente, per la verità, dal confronto fra il tenore letterale delle due norme, quella del 1999 e quella del 2005, che più che di una interpretazione si tratta di una sostituzione del criterio di riconoscimento. Tale riconoscimento era correlato, nella norma del 1999, all’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza, mentre esso viene riferito, nella norma del 2006, al trattamento economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento.

La giurisprudenza costituzionale riconosce al legislatore la possibilità di ricorrere all’interpretazione autentica, ma nell’ambito di limiti ben definiti, che non sembrano, nel caso in esame, tutti correttamente rispettati.

Rileva, in primo luogo, il rapporto che deve intercorrere fra la norma interpretata e la norma di interpretazione. Una norma di interpretazione autentica deve limitarsi a chiarire il significato di una norma precedente, con la conseguenza che la norma interpretante non fa venir meno la norma interpretata e non la sostituisce. Va, invece, reputata illegittima una norma (sedicente) di interpretazione autentica che integra, con nuovi precetti, il contenuto della legge antecedente.

Nel caso in esame non abbiamo, infatti, due norme – l’una preesistente e l’altra sopravvenuta – che si saldano fra loro dando luogo ad un precetto normativo unitario, ma piuttosto una norma che dichiara di interpretare la norma preesistente, ma in effetti la sostituisce interamente. In mancanza di coerenza fra il contenuto della norma preesistente e il contenuto della norma di interpretazione, questa seconda si rivela come un espediente per aggirare il principio di irretroattività della legge.

Risulta violato, inoltre, il parametro di ragionevolezza, desumibile dall’art. 3 della Costituzione, dal quale è desumibile, altresì, il parametro di uguaglianza.

E’ evidente, infatti, che la norma, intervenendo a ben sei anni di distanza dalla norma di riferimento, modifica i criteri di riconoscimento di una pretesa giuridica, in capo a ciascun ATA, compiutamente definita dalla legge.

Si crea, così, una situazione di disparità fra soggetti che la norma precedente aveva trattato unitariamente e uniformemente e tale disparità non trova alcuna ragione giustificatrice. Al contrario, la ratio della norma del 1999 era sicuramente individuabile anche nella definizione di un regime unitario e uniforme per tutti gli ATA sottoposti a trasferimento, di modo che la norma di interpretazione si pone in contrasto con la finalità della norma interpretata.

Anche l’effetto evidentemente retroattivo della norma in esame palesa la fondatezza del dubbio di costituzionalità, in quanto la modifica retroattiva di situazioni giuridiche in senso peggiorativo può essere ammessa solo ove la retroattività non finisca per incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti.

L’effetto retroattivio e peggiorativo della norma in questione rileva anche quale elemento di violazione del parametro costituzionale del legittimo affidamento, da ricondurre anch’esso al principio di ragionevolezza e all’articolo 3 della Costituzione.

Nel caso di specie, vi sarebbero soggetti il cui trasferimento dagli enti locali allo Stato avverrebbe secondo il criterio dell’anzianità maturata, secondo il disposto della norma del 1999 e soggetti il cui trasferimento avverrebbe, invece, secondo il criterio del “maturato economico”, secondo la norma del 2005, senza che sia individuabile una ragionevole causa giustificatrice.

Tali ragioni finiscono per incidere sugli ATA in misura discriminatoriamente differenziata, concentrandosi il peso della reformatio in pejus solo su coloro che ancora non hanno intentato un giudizio o che, più restrittivamente, non hanno ottenuto una sentenza passata in giudicato.

La norma in questione si palesa altresì illegittima in quanto essa, pur facendo salva l’esecuzione dei giudicati già formatisi, è comunque diretta ad incidere su giudizi ancora in corso e tale circostanza è riconosciuta dalla Corte costituzionale come una ragione di illegittimità.

Il legislatore ha la possibilità di emanare norme che abbiano incidenza diretta sui giudizi in corso solo nel caso in cui l’intervento sia finalizzato a risolvere situazioni di disparità di trattamento e non certo a crearle ex novo.

La norma della legge finanziaria 2006 produce un ulteriore causa di discriminazione contro gli ATA in quanto si pone in diretto contrasto con l’art. 2112 del codice civile, che regola in via generale il mantenimento dei diritti dei lavoratori - e in particolare dell’anzianità maturata – nel passaggio da impresa cedente ad impresa cessionaria.

A queste conclusioni sono giunti anche diversi giudici i quali, evidenziato che sembrano sussistere le ragioni di rilevanza e di fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 218 della legge finanziaria 2006, hanno deciso di rimettere la questione alla Corte costituzionale.

Il Tribunale di Trani, in funzione di giudice del lavoro ha accolto il ricorso proposto dalla FLC Cgil di Bari per conto di un lavoratore Ata transitato ai sensi dell’art. 8 della L. 124 del 1999 dagli EE.LL allo Stato, affermando espressamente che il comma 218 dell’art. 1 della Legge Finanziaria non è una norma interpretativa, bensì innovativa e che, pertanto, stante la sua natura “Tale norma non spiega quindi efficacia retroattiva ed è applicabile solo dal 1.01.2006

La pronuncia che pubblichiamo non è isolata; nei prossimi giorni renderemo note le sentenze del giudice del lavoro di Macerata, di Foggia e di Varese che sono arrivati alle medesime conclusioni.

Alla luce di queste considerazioni la FLC CGIL di Basilicata rassicura i circa 300 Collaboratori Scolastici che sono in attesa dei risultati dei ricorsi proposti presso i Tribunali regionali che le argomentazioni sopra esposte e le sentenze già emesse sono andate ad arricchire le motivazioni e i contenuti dei ricorsi medesimi.

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